Fall🍁🍂

Hello friend. Lo so, sto scrivendo poco. Ma cerca di comprendermi: per la prima volta la mia vita sociale ha superato quella di Elliot all’inizio della prima stagione di Mr. Robot. Eh già, vita sociale. E con i primi accenni di vita sociale arriva anche l’autunno. Qui in Canada è bellissimo. Avete presente quei film americani, dove a ottobre ci sono cumuli di foglie secche non rese poltiglia dalla pioggia, cielo azzurro con qualche bianco ciuffo di nuvole e persone vestite con i cappotti e le sciarpe? Bene ecco cosa accade. Nonostante gli ormai abituali risvegli a meno 2 gradi(se questo è l’autunno, ora che arriva l’inverno inizio a dormire in un igloo), il cielo è perennemente limpido, senza nuvole, cosa che lascia un po’ spiazzati essendo io abituata a quello splendido cielo piovigginoso color grigio topo bagnato che abbiamo in Italia. Immagine che si sposa perfettamente con i brani che vengono studiati dai cori studenteschi per le competizioni nazionali e non. Non importa se classici, scritti da compositori di tutto rispetto, o adattamenti di canzoni pop e jazz di questi anni, l’obiettivo è avere un coro di quaranta ragazzi divisi tra soprano, contralti, tenori e bassi, che esegua brani cantati a cappella. Se non avete presente il genere vi consiglio di vede il film Pitch Perfect o alcune clip delle canzoni fatte dagli “Usignoli” a Glee. Immaginate queste giovani voci che si mescolano, diventando un colore nel paesaggio che li circonda.

Qui, in questo periodo, i colori sono quelli di Halloween. Letteralmente. Non parlo solo di madre natura, alla quale devono essere caduti vari tubetti di pittura tanto da rendere il parco una varietà di punti ognuno di diverso colore talmente vasta da sembrare un quadro impressionista, ma delle case. Qui hanno una passione sfrenata per le decorazioni. Sia dentro che fuori, le case si riempiono di ragni, pipistrelli, gatti neri, gufi, fantasmi, streghe e persino qualche versione di Frankenstein. Iniziano a mettere la zucca in qualsiasi piatto preparano e francamente la cosa non mi stupisce: con tutte le lanterne che fanno, la polpa della zucca doveva pur finire da qualche parte.

Ma per gli studenti l’autunno non è tutto rose e fiori. Con l’avvicinarsi del secondo giro di test e con il giorno dei colloqui genitori insegnanti alle porte, i ragazzi sono decisamente sotto stress. Anche questa non è che un’occasione in più per capire il loro sistema educativo. Ho infatti scoperto che gli insegnanti sono obbligati a seguire un corso o un seminario giornaliero una volta al mese come aggiornamento e che a fine anno anche per loro arriverà il fatidico momento esame. Oppure i colloqui. In Italia se ne fanno due a semestre giusto? Qui ne vengono convocati almeno tre, ma la presenza è facoltativa. Infatti puoi scegliere se far del male al tuo povero figliolo e andare a parlare con il professore solo se la valutazione intermedia del tuo pargolo è negativa o non soddisfacente. E non si parla di quei voti che ci fanno venire i complessi mentali e i mal di testa a furia di calcolare medie su medie, ma semplici Good, Enaugh, Excellent o Need Improvement. Che cosa strana…

Ma poco ti importa quando la squadra di football della tua scuola ha conquistato un posto nei play off. Certo, l’eccitazione scende un po’ quando ti ricordi che ti dovrai fare ogni partita dell’anno in gonnellino e top, ma non ti importa perché pare che tu come tutte le ragazze ami urlare fino a perdere la voce o a richiamare un branco di delfini pur di tifare la tua squadra del cuore. Complimenti Nicole, dopotutto in qualcosa sei normale! Naturalmente tra prove e compiti il tempo che ti resta per grattarti l’ombelico è poco ma non fa niente, perché se sicuro che gli amici che ti farai capiranno i tuoi scleri anche se parli in arabo. Spero di averti fatto divertire almeno un po’ con questo articolo. Se la risposta è no oppure sei particolarmente giù di morale, hai due possibilità: rileggere l’articolo che ti ha fatto ridere di più(se l’ho scritto, se no fammi un fischio) oppure immaginare un t-rex che rifà il letto. Alla prossima gente

Nicole

P.S.: Sto per cambiare famiglia ospitante e spero davvero di farvela conoscere attraverso i miei occhi nel prossimo articolo. Nuovamente ciao

Marathon of Hope

Oggi, come gita scolastica, sono andata a vedere la premiere mondiale del musical “Marathon of Hope, the Terry Fox Story”. Sono pochissime le storie che mi hanno emozionato, commosso tanto. Durante il finale ho pianto, non lo nego, anzi, è stata una prova dell’alto livello della recitazione e della meravigliosa storia. Non sono molto brava a esprimere quello che provo, ma guardando quello che accadeva su quel palco, guardando la morte di quell’eroe, non ho potuto far altro che commuovermi. Anche ora, mentre scrivo e ripenso a ciò che ho visto, ho le lacrime agli occhi ed il groppo in gola.

Terry Fox(1958-1981) è un ragazzo canadese. Ha diciotto anni e la sua vita va a gonfie vele. Titolare nella squadra di basket, all’università, prima ragazza, prima auto…in quello che pensava fosse il giorno più bello della sua vita, fa un incidente e, a causa di un dolore alla gambe destra, va in ospedale per un controllo. Qui i dottori scoprono un cancro proprio in quella gamba. Alla famiglia Fox cade il mondo. Terry deve operarsi e, anche così, avrà il 50% di possibilità di sopravvivere. Le uniche cose che riescono a tirarlo su di morale solo l’idea del suo coach di basket, il quale, mostrandogli le foto di un maratoneta che corre con una gamba e una protesi, lo convince a utilizzarne una lui stesso, e i bambini malati di cancro e ricoverati in ospedale. Con loro Terry ritrova la voglia di vivere e di giocare. Ma nonostante la sua felicità, comincia con tristezza a rendersi conto di essere uno dei pochi fortunati ad essere in vita e a programmare il ritorno a casa. Durante la sua permanenza in ospedale, infatti, vede persone, di cui la maggior parte bambini, morire a causa del cancro nonostante le fatiche e l’impegno dei dottori. Quando torna a casa sono passati due anni, tempo in cui ha imparato a convivere con la sua protesi, tanto da riuscire anche a correre. Ripensando a ciò che ha visto mentre era ricoverato, decide di imbarcarsi in un’impresa nella quale nessuno aveva mai avuto successo con il solo scopo di raccogliere fondi per la ricerca a una cura contro il cancro: una maratona, attraverso il Canada, da Est verso Ovest. All’inizio sono tutti scettici e, con l’eccezione del padre(un patito dello sport e delle imprese fisiche che sostiene appieno la decisione del figlio), tentano di dissuaderlo. Persino i dottori sono scettici, preoccupati degli effetti che questa maratona potrebbe avere sulla sua salute. Ma Terry, con  la sua determinazione, riesce a convincerli ad appoggiarlo. Non solo, riesce anche a convincere il suo migliore amico Doug a dargli una mano seguendolo in un Van donato loro per questa impresa. Le prime miglia sono faticose e i soldi raccolti pochi, ma mano a mano che vanno avanti, Terry si fa conoscere. Le donazioni aumentano di molto, così come l’interesse della stampa e delle autorità nei suoi confronti. Incontra anche bambini, il cui ricordo lo spingerà a non mollare anche durante varie crisi con il suo amico durante il tragitto: una è la piccola Anne Marie, una bambina di undici anni, la quale, durante una delle tappe del corridore nelle varie città, gli regala un fiore, come portafortuna, raccontandogli come era riuscita a guarire dal cancro, diagnosticatele all’età di tre anni, e di come lui fosse importante per i bambini come lei; un altro incontro significativo per Terry è quello con il piccolo Oscar, un bambino che a causa del cancro si era visto amputare la gamba sinistra e che, dopo aver visto Terry in televisione e aver iniziato a considerarlo il suo eroe, aveva ricominciato a giocare a baseball e ad andare in bici come tutti i suoi compagni. Tutto procedeva per il meglio, grazie anche ai due nuovi membri del team Darrell, fratello di Terry, e Bill VIgars, della società nazionale di ricerca contro il cancro. Questo finché la stampa non inizia a remare contro corrente rispetto al giovane maratoneta, asserendo che, con il suo perseguitare in questa impresa, danneggerà gravemente la sua salute. Nonostante questo, Terry continua imperterrito verso l’obiettivo fisso nella sua mente, il traguardo dopo 5300 miglia di corsa. Ma, dopo una giornata lunga, in cui aveva percorso sedici miglia, durante un tratto in British Columbia, al diciottesimo miglio, Terry inizia a tossire e, dopo altre tre miglia, sente un dolore lancinante al petto. Si fa portare in ospedale, dove viene subito ricoverato e dove scopre che il cancro si è esteso a tutto il suo corpo. Prima di iniziare un nuovo ciclo di chemio, promette che, non appena si sarà ristabilito, finirà ciò che ha iniziato. Terry rimarrà per un mese in ospedale, periodo nel quale le donazioni arriveranno alle stelle, raccogliendo milioni di dollari. Dopo questo mese, a 23 anni, Terry Fox finisce la sua maratona. Alle quattro del mattino, in un ospedale della British Columbia, il giovane maratoneta si spegne. Dopo qualche mese sarà seguito dal ragazzino che lo considerava un eroe, Oscar. E Terry un eroe lo era davvero. Ha ispirato una nazione intera e gli è stata dedicata la Terry Fox Foundation, che ogni anno organizza maratone e raccolte fondi da donare alla ricerca di una cura contro il cancro. Un musical straordinario, pregno di emozioni, con citazioni originali prese dai punti più carismatici dei discorsi che il maratoneta ha tenuto nelle varie città. Un cast poliedrico (una ragazza ha suonato il violino dal vivo ballando contemporaneamente il tip tap) che ha saputo commuovere la platea con un brano corale a cappella durante la scena della morte di Terry. La band che suonava dal vivo e la splendida scenografia non hanno fatto altro che aumentare il carico emozionale dello spettacolo. Sono sempre più convinta che questo sia il musical più bello a cui io abbia mai fatto da spettatrice. Che gita! Stupenda! Prima di entrare in teatro non sapevo nemmeno chi fosse Terry Fox e ora vorrei farlo conoscere a tutti voi, prendere un attimo del vostro tempo per raccontarvi di questo eroe canadese. Non solo per quello che ha fatto, ma per la sua determinazione, la sua volontà di cambiare le cose, la coscienza che, se tutti lavorassimo insieme, si avrebbe un mondo migliore in cui vivere. In uno dei suoi discorsi dice “Toronto ha 24 milioni di abitanti. Se ogni abitante desse un dollaro, avremmo già  24 milioni di dollari da dare alla ricerca. Basta poco da ognuno di noi per fare la differenza”. Ma non voglio farvi troppi spoiler.

Se mai ne avrete l’occasione, andate a vedere questo musical, ve ne prego. Vi assicuro che non ve ne pentirete.

Nicole